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Videosorveglianza: le bodycam sul petto degli agenti salvano nel cloud. Sicurezza o privacy mancata?

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Dopo numerosi episodi che vedono protagonisti gli agenti di polizia, e in particolare dopo che a Ferguson, negli Stati Uniti un agente ha sparato ed ucciso un giovane di colore, Michael Brown, in seguito ad una controversa vicenda, è partita la corsa per dotare le forze dell’ordine di telecamere personali. Si apre quindi un panorama molto ambito dai produttori di sistemi di videosorveglianza.

Una telecamera per la videosorveglianza accanto al distintivo potrebbe trovare spazio a breve sul petto degli agenti di mezzo mondo. A dire il vero proprio negli Stati Uniti, dopo che l’episodio di Ferguson nel Missouri, ha scatenato cinque giorni di rivolte popolari e danneggiato gravemente l’immagine dei poliziotti americani, c’è già. Infatti per poter responsabilizzare le gesta degli agenti, molti distretti hanno deciso di installare piccole telecamere di videosorveglianza sul petto dei tutori della legge in grado di registrare costantemente cosa accade durante i loro interventi, potendo cosi verificare, ogni singolo attimo della loro condotta.

Le micro telecamere sbarcano anche in Canada, a Vancouver, in Europa, nello Staffordshire, e anche in Italia, dove l’uso in fase sperimentale è dedicato solo a casi di “effettiva necessità”, come riporta il garante della privacy. Superate le problematiche della privacy legate alla videosorveglianza, i primi risultati sembrano positivi: la condotta degli agenti, ma anche dei cittadini coinvolti sembra drasticamente migliorare quando sono sotto osservazione costante, data l’impossibilità di variare in modo arbitrario la versione dei fatti che accadono.

A lodare l’iniziativa ovviamente ci sono le aziende specializzate nel settore sicurezza e videosorveglianza come Bodycam, Vievu e WatchGuard, che grazie alle forniture di telecamere e altri accessori hanno visto moltiplicare i fatturati in modo immediato. taser-pistola-elettricaChi davvero sta raccogliendo i frutti di questo affare milionario è la Taser, conosciuta sopratutto per le sue armi ad elettricità che vengono impiegate ormai in tutto il mondo come arma da difesa non letale. Dopo l’episodio di Ferguson infatti la produzione di bodycam della Taser è aumentata del 50% e diversi corpi di polizia, ad esempio quello di di New Orleans, hanno stanziato oltre un milione e mezzo di dollari da distribuire nei prossimi cinque anni per avere le microcamere prodotte dalla casa dell’Arizona.

Ma per Rick Smith, CEO della Taser, il dispositivo di videosorveglianza non è altro che un prodotto di start-up, utile a generare la necessità del vero business: quello legato ai servizi accessori. Solo 300mila dollari circa saranno spesi per l’hardware, Il resto viene speso per il cloud storage di Evidence.com , una sorta di disco virtuale dedicato agli agenti, utilizzabile anche con un app per smartphone, utilizzato per archiviare e gestire il flusso di dati ed immagini generato durante il lavoro, che ha un costo mensile di circa 60 dollari a poliziotto.
La strategia, veramente ben congeniata, potrebbe permettere alla Taser di imporsi a colossi che sino ad ora hanno primeggiato nel settore della sicurezza e della bodycam-videosorveglianza2sorveglianza. Non manca anche chi prevede un canale tv dove vedere in diretta le gesta degli agenti, magari impegnati in azioni “leggere”.

Sarà davvero un nuovo metodo per garantire sicurezza agli agenti spesso sotto accusa per aver fatto il loro dovere, oltre che ai cittadini quando vittime di abusi della divisa, o siamo solo alle porte del “Grande Fratello della Legge” ?


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